Questo il tema al centro del terzo appuntamento di Prenvention Task, il nuovo progetto editoriale di Homnya dedicato alla prevenzione primaria, promosso con il contributo non condizionante di Pfizer, Ospiti dell’evento, condotto da Corrado De Rossi Re (Direttore di Sanità Informazione), sono stati Dario Leosco, presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (SIGG); Michele Conversano, presidente C.T.S. Happy Ageing; Tommasa Maio, responsabile Area Vaccini della FIMMG; Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene e Sanità Pubblica Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
“La vaccinazione è una componente essenziale delle azioni che una persona, tanto più se anziana, deve mettere in pratica per avere cura della propria salute”, ha spiegato Dario Leosco, che ha sottolineato come, tuttavia, i cittadini siano ancora poco consapevoli di questo. “I dati lo dimostrano: anche per la più nota delle vaccinazioni, quella per l’influenza, la copertura è ancora al di sotto del 60% a fronte di target raccomandati del 75% e ottimali del 90%. Per le altre vaccinazioni (anti-Pneumococco, anti-Herpes Zoster, a cui si è aggiunto l’anti-Covid e l’immunizzazione contro il Virus respiratorio sincinziale) la copertura è addirittura inferiore”.
Numeri preoccupanti, secondo Leosco, che nascondono forse una diffidenza nei confronti dei vaccini ma soprattutto “la mancata percezione corretta dei rischi e delle complicanze che possono derivare dalle malattie infettive, compresa l’influenza”. Ammalarsi “può portare ad esiti fatali o a sviluppare nuove condizioni patologiche croniche che possono impattare in maniera significativa sulla qualità della vita, oltre che essere un problema per la sostenibilità del Ssn, se si considera che, già oggi, per le cronicità si spende già il 40% circa del finanziamento totale. È evidente che se il peso della cronicità continua a crescere, condizionerà alle il futuro e la tenuta del Ssn”.
Dell’attuale situazione sono responsabili, per Michele Conversano, non solo i cittadini, ma anche gli operatori e il sistema. I professionisti perché “ancora oggi molti specialisti cardiologi, oncologi, reumatologi ed endocrinologi non pongono la dovuta attenzione alla vaccinazione dei loro pazienti. Quando va bene la consigliano, normalmente non ne parlano, quasi mai la eseguono. Eppure l’esempio degli OspiVax, cioè gli ospedali le offrono anche le vaccinazioni, mostra che se le coperture possono aumentare”.
C’è però anche un problema di governance: “I Dipartimenti – ha aggiunto Conversano – sanno chi sono i pazienti fragili, perché hanno i codici di esenzione e flussi sanitari, ma per motivi di privacy non possono usare queste informazioni per procedere alla chiamata attiva. Di conseguenza, la maggior parte delle vaccinazioni dell’anziano e del fragile oggi sono demandate ai medici di medicina generale, alcuni dei quali vaccinano il 90% dei loro assistiti anziani, altri il 10%”. Un forte ostacolo è poi rappresentato dalle campagne vaccinali organizzate solo nel periodo autunnale, in occasione della campagna antinfluenzale: “Questo non ha senso, la maggior parte dei vaccini può essere somministrata in ogni momento dell’anno e più ampia è l’offerta, più alta è può diventare l’adesione”.
Conversano riconosce il forte contributo alle coperture vaccinali ottenuto portando l’offerta in farmacia, “ma tanto più aumentano gli attori, tanto maggiore è il bisogno di una regia forte da parte dei Dipartimenti, che devono essere in grado di organizzare campagne vaccinali in ogni setting disponibile”.
Tommasa Mario sottolinea la volontà della medicina generale di proseguire con un forte impegno su questo fronte, ma chiede anche le condizioni per sostenere questo impegno. “Anzitutto serve volontà politica, perché sono lo Stato e le Regioni, ognuno per le proprie competenze, a decidono quali vaccini mettere a disposizione, a quali soggetti, coinvolgendo quali somministratori e con quali modalità. In Italia abbiamo una situazione estremamente variegata da questo punto di vista; la Toscana è l’unica Regione che ha messo il medico di famiglia nella condizione di poter somministrare a qualunque paziente qualunque tipo di vaccino”.
C’è poi una questione organizzativa, che va “dal coordinamento dei setting alla logistica, che significa anche riduzione del tempo necessario per la distribuzione dei vaccini dall’unità centrale a quelle periferiche”. Per Maio una grande opportunità può arrivare dagli strumenti informatici, perché “la possibilità di scambiare informazioni ci permetterebbe meglio di indentificare i pazienti e monitorare la copertura vaccinale, quindi muoverci secondo i bisogni”.
Per la rappresentante della Fimmg è importante anche lavorare sulla comunicazione, sicuramente tra setting e attori del sistema, ma anche con i cittadini: “Dobbiamo puntare sulla relazione e su un’informazione chiara, corretta, uniforme e coerente da parte di tutti gli operatori sanitari. Ricevere informazioni contrastanti innesca confusione e fa nascere quei dubbi che poi portano alla diffidenza”.
Carlo Signorelli ha sottolineato come, peraltro, sia ben diverso lavorare per chiamata di coorti di età e per chiamata per condizioni di rischio. Per quanto riguarda le chiamate per coorte di età, “ci sono degli elenchi a cui facilmente attingere, in questo caso il problema non è identificare i soggetti e le aziende sanitarie e i Dipartimenti di prevenzione potrebbero facilmente procedere alla chiamata attiva, che fa davvero la differenza. Si potrebbero anche prevedere (e qualche Regione lo ha fatto, con buoni risultati) incentivi ai direttori generali per questo obiettivo”.
Per quanto riguarda i pazienti fragili, invece, “non esistendo elenchi a disposizione, come quelli per anno di nascita, ed essendoci limiti di privacy sull’utilizzo delle informazioni, è evidente che il ruolo più importante spetta ai clinici, che non solo dovrebbero sollecitare i pazienti a vaccinarsi ma che dovrebbero anche essere messi nelle condizioni di inserire il paziente che viene in ospedale per una visita di controllo, in un percorso che consenta a quel paziente di uscire dall’ospedale vaccinato. Se l’ospedale diventasse un luogo di vaccinazione e i clinici fossero sensibilizzati, allora sì che vedremmo le coperture aumentare”, ha concluso Signorelli.
Tirando le fila del confronto, DarioLeosco e Michele Conversano hanno ribadito la necessità di aumentare la consapevolezza dei cittadini, soprattutto anziani, sulle complicanze che possono nascere da una malattia infettiva, influenza compresa, che “è banale a 20 anni ma non è banale quando parliamo di un soggetto anziano, già per sé fragile e spesso anche affetto da patologie croniche”. Spiegare che “le malattie infettive possono essere letali e aumentare il rischio di infarto e di ictus, che sono condizioni di cui l’anziano ha certamente più consapevolezza e timore, ma che spesso non associa all’influenza”.
Sempre sul fronte della comunicazione, “l’esperienza del Covid ha dimostrato che i cittadini riconoscono alle persone conosciute a livello locale un’autorevolezza maggiore, con un effetto più efficace e immediato della comunicazione. Le campagne di comunicazioni nazionali dovrebbero essere quindi affiancate da forti campagne a livello locale”.
Per Leosco e Conversano occorre poi ampliare i punti di accesso alle vaccinazioni e anche i periodi dedicati alle campagne vaccinali.
Tommasa Maio ha rimarcato il ruolo di regia che deve avere il Dipartimento di prevenzione. Ha sottolineato anche la possibilità, tenendo sempre conto dei vincoli della privacy, che i Dipartimenti hanno di “utilizzare i dati pseudonomizzati e gli strumenti di stratificazione per capire, se non chi, nel dettaglio, almeno quanti cittadini rientrano in quel target e quale è la loro distribuzione territoriale” al fine di organizzare l’attività vaccinale nel modo più efficace possibile. “A quel punto può entrare in gioco anche il medico di famiglia, che in quanto titolare dei dati dettagliati di ogni paziente, può anche procedere con la chiamata attiva”.
Tre gli spunti aggiuntivi di Carlo Signorelli: “Anzitutto occorre che il calendario vaccinale sia aggiornato regolarmente”; occorre poi “una tempestiva pubblicazione dei dati sulle coperture vaccinali e anche sulle somministrazioni, per capire chi vaccina di più e aggiustare l’organizzazione in base a dati certi”; infine “al Ministero serverebbe un organismo tecnico deputato ad esprimere pareri scientifici sull’introduzione delle nuove vaccinazioni e sull’utilizzo dei diversi vaccini a disposizione. Questo perché, fortunatamente, il settore dei nuovi vaccini è in grande espansione, ma le novità vanno valutate in maniera scientifica e imparziale”. Per Signorelli, insomma, “un po’ di governance centrale, senza nulla togliere alle competenze delle Regioni, può riversarsi utile all’implementazione delle vaccinazioni, soprattutto dove ce ne è più bisogno”.
Lucia Conti
